
Non sempre gli esperti sono esperti di tutto e non sempre gli esperti sono esenti da pregiudizi. Perciò, quando si fanno lavori di foresight ovvero di previsione di scenari tecnologici usando panel di esperti occorre stare attenti agli Unknown. E per gli esperti dichiararsi non familiare ad un tema, quando sono stati chiamati proprio per la loro conoscenza non è facile, ma il valore sta spesso in questi Unknown Unknowns (Rumsfeld, 2002).
In questo articolo vi parleremo di una tecnologia promettente, che non è stata individuata dagli esperti (in altre parole, un falso negativo, quello che si pensava essere un errore dell’analisi). È pur vero che i falsi negativi sono spesso il risultato inevitabile di una mole enorme di informazioni. Gli esperti conoscono molto bene le tecnologie che rientrano sotto il loro controllo e monitoraggio, e possono seguire la letteratura, partecipare a conferenze o ascoltare colleghi, in un numero limitato di tecnologie affini. Non possono però monitorare tutti gli sviluppi. Fortunatamente, l’analisi brevettuale in questo ci aiuta notevolmente.
Quando l’algoritmo aiuta l’esperto
Nel foresight tecnologico effettuato nel 2010 per un nostro cliente afferente al settore biomedicale, dopo l’identificazione di tendenze nelle tecnologie Laser e Ultrasuoni, abbiamo esaminato 6107 brevetti in quattro gruppi (Gruppo A61B 8/00: Diagnostica a ultrasuoni; Sottogruppo A61B 18/18: Terapia laser; Gruppo A61N7/00: Terapia a ultrasuoni; Sottogruppo A61B17/02: Dispositivi per mantenere le ferite aperte). I brevetti in questione riguardavano il decennio 2000-2010 e si trattava di una quantità enorme di informazioni. La sfida consisteva nell’estrarre informazioni da una mole così grande di dati senza chiedere agli esperti di leggere e commentare tutti i brevetti, ovvero senza fare ricorso alla conoscenza di dominio necessaria per interpretare ogni dettaglio, ma al contrario utilizzare la conoscenza degli esperti per confermare o confutare i risultati ottenuti mediante l’analisi massiva.
In questo caso, abbiamo utilizzato un approccio funzionale che si basa sulla ricostruzione delle catene causali che portano un oggetto a funzionare e affonda le proprie radici nell’Engineering Design di stampo tedesco. Nello specifico caso, ci ha anche permesso di identificare tecnologie emergenti e svolgere una vero e proprio studio predittivo. In sostanza, la forza dell’approccio risiede nel combinare potenti tecnologie di analisi semantica per il trattamento automatico dei dati con una capacità interpretativa tipica dell’analisi delle funzioni dei prodotti.
La scoperta della “Bone Age Technology”
Un risultato notevole è mostrato nella Tabella sottostante. L’algoritmo è stato in grado di identificare una tecnologia (denominata “bone age technology”, letteralmente tecnologia dell’età ossea) e di selezionare quei verbi funzionali, e quelle parole strettamente associate, che hanno permesso di interpretare accuratamente il contenuto della tecnologia anche da parte di non esperti.
Tabella. Un esempio di tecnologia emergente nel settore dei dispositivi a ultrasuoni.
La procedura ha chiaramente messo in evidenza l’espressione “età ossea” come una voce molto recente e significativa all’interno del database dei brevetti. In un primo momento non era ovvio quale fosse l’innovazione tecnologica coinvolta e gli esperti non avevano citato questa tecnologia durante le interviste precedenti (non ne erano a conoscenza? O si erano semplicemente dimenticati di menzionarla?).
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Ma quindi l’algoritmo sbaglia?
Questa analisi è stata ripetuta un paio di volte in quanto gli esperti credevano che l’algoritmo avesse creato un artefatto – “è ben noto che gli ultrasuoni vengono usati per i tessuti molli”. Una volta eseguito nuovamente l’analisi il risultato è apparso il medesimo ed, in particolare, l’algoritmo è stato in grado di individuare questa tecnologia emergente con grande dettaglio.
Ordinando le parole secondo il loro ruolo sintattico/semantico in una possibile frase, abbiamo potuto fornire la seguente definizione in termini funzionali: “Età ossea” [è relativa alla] “valutazione/misurazione” [della crescita] “scheletrica/metafisi/polso” [nei] “bambini” [o nei] “neonati prematuri”, [o anche dell’] “osteoporosi” [negli] “adulti”, [utilizzando la] “scansione a ultrasuoni”. Nessun errore.
Perciò cosa era andato storto nell’interpretazione degli esperti? Nulla, se non la prospettiva di osservazione: gli esperti consideravano correttamente che l’osso non fosse identificabile con gli ultrasuoni, ma non avevano pensato a osservare fori, decalcificazioni, cartilagini ecc… tutti “trasparenti” all’ultrasuono!
Una vota spiegato l’arcano, gli esperti hanno confermato che “età ossea” indica il grado di maturazione delle ossa di un bambino. È particolarmente importante valutare l’età ossea nei neonati prematuri, osservando le ossa del polso; le scansioni ossee tradizionali utilizzano i raggi X, che possono essere dannosi per i neonati, e una delle direzioni di ricerca più promettenti è proprio l’uso degli ultrasuoni, molto più sicuri. In effetti, nel 2010 era disponibile un solo dispositivo per questa tecnologia. Lo stesso dicasi per l’osteoporosi negli anziani o in caso di altre malattie, anch’esse visibili con l’ultrasuono, decisamente meno dannoso di una radiografia.
In altre parole, mentre gli esperti non sono stati in grado di identificare questa opportunità, l’algoritmo, addestrato funzionalmente e applicato ai dati brevettuali, è riuscito a individuarla, nonostante il basso numero di brevetti che la descrivevano affogati in una pletora di brevetti su altre applicazioni.
L’innovazione si nasconde dove meno te l’aspetti
La storia della “bone age technology” ci insegna una lezione fondamentale: l’innovazione tecnologica non segue sempre le traiettorie previste, e a volte si nasconde proprio dove nessuno guarda. In questo contesto, l’utilizzo congiunto di algoritmi semantici e analisi funzionale ha dimostrato un grande potenziale. Non si tratta di sostituire l’intuizione umana o l’esperienza specialistica, ma di amplificarne la portata, aiutando a scoprire segnali deboli e connessioni non evidenti. Perché, alla fine, la vera sfida non è prevedere il futuro, ma essere pronti a riconoscerlo quando si presenta in forme inaspettate.
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