Strategie su come nascondere un brevetto

Strategie su come nascondere un brevetto

Il brevetto è una forma di protezione legale che garantisce all’inventore un diritto esclusivo sulla propria invenzione, ma in cambio l’inventore deve fornire una descrizione chiara e dettagliata, sufficiente a permettere a un esperto del settore di replicarla. Questo principio è alla base del sistema brevettuale, ma nella realtà gli inventori e le aziende cercano di mantenere un vantaggio competitivo, rivelando il minimo indispensabile per soddisfare tale condizione. Come sottolinea l’EPO (European Patent Office), la disclosure è una parte essenziale del brevetto, ma non è detto che sia sempre completa o facilmente comprensibile.

Strategie per nascondere un brevetto: terminologie ed errori volontari nei metadati

Esistono infatti diverse strategie per “nascondere” un’invenzione, padroneggiate dai consulenti in proprietà industriale e dagli avvocati che si occupano di brevetti. La prima strategia è quella di utilizzare un lessico particolarmente complesso e una struttura delle frasi involuta definita “legalese”. Questa terminologia è progettata per ampliare il più possibile la copertura dell’invenzione, spesso con formulazioni volutamente ambigue. Frasi come “in una configurazione non esclusiva e non vincolante” sono esempi di come il linguaggio può complicare la comprensione e la ricerca del contenuto di un brevetto.

Un’altra strategia comune è quella di introdurre errori di ortografia, specialmente nei metadati del brevetto. Non è raro, infatti, che il nome dell’assignee (la persona o azienda a cui è assegnato il brevetto) contenga errori. Alcune grandi multinazionali, come rilevato da Erre Quadro, hanno oltre 360 varianti del proprio nome nei brevetti, molte delle quali includono errori di scrittura. Questi errori non sono sempre casuali, ma possono essere utilizzati per rendere più difficile la ricerca e l’indicizzazione dei brevetti.

Strategie aziendali per celare l’origine dei brevetti

In altri casi, le imprese sfruttano società controllate, fornitori o persino membri della famiglia degli azionisti principali per brevettare le proprie invenzioni, evitando di far comparire direttamente il proprio nome. A volte, si osserva che i brevetti non sono registrati dalla sede centrale dell’azienda, ma da una delle sedi periferiche, il che può complicare ulteriormente l’identificazione della vera origine dell’invenzione.

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Un’altra tecnica è quella di utilizzare sinonimi o descrizioni alternative per i componenti di un’invenzione, rendendo più difficile una ricerca basata su parole chiave. Per esempio, una “sigaretta” potrebbe essere descritta come un “tubo a basso spessore di cellulosa riempito di una sostanza granulare di forma prevalentemente bidimensionale”. Questo tipo di descrizione volutamente criptica rende più difficile individuare il brevetto se si fa uso solamente dei termini più comuni del settore.

Inoltre, per evitare che i brevetti vengano trovati tramite le loro funzionalità, i consulenti in proprietà industriale cercano di rendere il linguaggio più vago possibile per quanto riguarda i verbi funzionali, complicando l’indicizzazione da parte dei motori di ricerca. Accade infatti che la distribuzione di frequenza dei verbi funzionali in un brevetto risulti piatta abbassando così la rilevanza del brevetto qualora lo si cerchi con una query funzionale (usando solo uno qualsiasi dei verbi funzionali che il consulente ha usato come sinonimo). Sebbene l’uso di sistemi di nuova generazione, come i Large Language Models (LLM), potrebbe in parte mitigare questo problema, i LLM standard sono generalmente addestrati su contesti diversi. Tuttavia, modelli addestrati specificamente su testi brevettuali, come Patent BERT, possono essere in grado di riconoscere (o almeno possono provarci) anche questi sinonimi costruiti ad hoc.

Nascondere un brevetto nelle immagini: la strategia del ‘c’è ma non si vede

Una delle tecniche più antiche e più utilizzate è quella di ridurre il testo al minimo e spostare il reale contenuto del brevetto nelle figure, lasciando ai competitor e agli esaminatori il compito di interpretarle. Questo modello di occultamento sfrutta la capacità del cervello umano di “unire i puntini”, ovvero di immaginare ciò che nel testo del brevetto non è esplicitamente scritto. Se ben eseguita, questa tecnica può confondere i concorrenti, richiedendo loro di dedurre il significato dell’invenzione a partire prevalentemente dalle immagini.

È però altrettanto vero che, se è vero che “un’immagine vale più di mille parole”, alcune parole sono comunque necessarie per proteggere l’invenzione stessa (quelle nelle rivendicazioni, ad esempio). I sistemi di nuova generazione, come quelli di Erre Quadro, sono in grado di decifrare il significato nascosto nelle immagini e ricostruire i passaggi mancanti nei brevetti, confrontandoli con brevetti correlati o con la conoscenza del settore.

Queste strategie di “nascondere in piena vista” sono usate per mantenere un vantaggio competitivo, evitando che i concorrenti possano replicare facilmente l’invenzione o comprenderne appieno l’importanza. La battaglia per la proprietà intellettuale si gioca, quindi, anche sul terreno della complessità linguistica e della sofisticazione delle tecniche di disclosure, dove il vero significato dell’invenzione spesso “c’è, ma non si vede”.

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